Il costo del lavoro nelle aziende di servizi: fisso o variabile?

In un’azienda di servizi è preferibile puntare sui margini di profitto o sull’aumento delle vendite? Dipende. Dal costo del lavoro.

Sandro Pinna

By SANDRO PINNA

Se sei alla ricerca di informazioni sul costo del lavoro all’interno delle aziende di servizi, sei nel posto giusto! Nel seguente articolo analizzeremo in dettaglio questo argomento, con particolare attenzione alla sua classificazione come costo fisso o variabile

Vogliamo soffermarci nello specifico sulle particolarità delle aziende di servizi e sulle strategie da adottare per ottimizzare il profitto. In particolare, ti mostreremo come la qualità professionale del personale rappresenti un fattore essenziale per il successo di queste imprese e come tale fattore non possa essere considerato come una semplice materia prima esternalizzabile. 

Che aspetti? Continua a leggere e scopri tutto ciò che c’è da sapere sul costo del lavoro nelle aziende di servizi!

“Il costo del lavoro, in sede di pianificazione e controllo di gestione, è quello più difficile da gestire in quanto si comporta in modi differenti a seconda sia dell’attività svolta che dell’andamento del fatturato”

Core Business aziendale e struttura del costo del lavoro

Nella stragrande maggioranza dei casi in cui effettuiamo consulenze aziendali e/o direzionali, il modello di business si basa su uno dei due seguenti fattori:

    ·    Profitto generato dall’aumento dei ricavi in presenza di bassi margini di guadagno, come ad esempio le imprese commerciali, la GDO, i servizi di intermediazione;

        ·       Profitto generato da attività con ampio margine di guadagno ma caratterizzate da alti costi fissi e investimenti da ammortizzare, tipicamente le imprese industriali, il settore del lusso, le attività consulenziali.

La scelta di uno o dell’altro modello di business dipende il più delle volte da quale aspetto rappresenta il vantaggio competitivo dell’azienda, che necessariamente deve rimanere interno alla struttura e non può essere esternalizzato o acquistato da terze parti. 

Così, ad esempio, un’azienda che produce smartphone di marca (es. Apple) deve mantenere al suo interno il know how e le fasi di ideazione e progettazione, se non proprio l’intera produzione; e, a sua volta, una società di consulenza dovrà puntare ad avere ottimi professionisti ed esperti di settore alle sue dipendenze.

Dall’altro lato, un supermercato avrà come vantaggio competitivo il basso costo rispetto alla concorrenza, e dunque punterà sulla bontà dei fornitori e sull’efficienza organizzativa, tutti aspetti che possono anche essere esternalizzati.  

La tipologia di attività svolta e il particolare vantaggio competitivo su cui si basa il successo dell’impresa determineranno dunque la struttura dei costi aziendali, sulla quale bisogna costruire le strategie di sviluppo future.

Uno dei fattori più importanti è dunque quello di conoscere con esattezza quali siano i costi aziendali e, soprattutto, quanti di questi siano fissi o variabili.

Il costo del lavoro

Costo del lavoro: variabile o fisso?

Tra tutte le tipologie di costi, quello che risulta più difficile da interpretare e da classificare è certamente quello relativo al lavoro (per lo più quello legato a dipendenti fissi o a tempo determinato).

Per l’azienda si tratta di un costo fisso oppure variabile? La risponda è: dipende!

Il costo del lavoro, in sede di pianificazione e controllo di gestione, è quello più difficile da gestire in quanto si comporta in modi differenti a seconda sia dell’attività svolta che dell’andamento del fatturato:

  • Se il fatturato sale, è da considerarsi un costo VARIABILE;
  • Se il fatturato scende, è a tutti gli effetti un costo FISSO!

Bisogna dunque considerare il costo del lavoro in modo completamente differente a seconda dell’andamento del giro di affari.

Il caso dei servizi

Prendiamo il caso delle aziende di servizi, come ad esempio una società di consulenza aziendale o di sviluppo software.

In questa tipologia di azienda, il lavoro, o meglio le competenze del dipendente, non sono semplicemente un “mezzo” con il quale si produce o si offre un prodotto/servizio per ricavarne un profitto finale. Tali competenze sono esse stesse il fulcro del vantaggio competitivo.

In queste aziende, maggiore è la qualità e la competenza (e di conseguenza il costo a carico dell’impresa) delle persone che sono impiegate nell’attività e maggiore sarà il fatturato prodotto e l’utile realizzato. Il successo di queste imprese dipende dalla qualità professionale di chi ci lavora.

È ovvio che un tale fattore di successo sia difficilmente esternalizzabile: non è quasi mai conveniente (né il più delle volte possibile) rendere variabili questi costi ricorrendo a personale esterno all’azienda, come se si trattasse di una qualsiasi materia prima. E anche laddove questo avviene, si tratta pur sempre di casi limitati e di una parte residuale dell’intero costo del lavoro.   

Che strategia adottare?

Avendo visto la natura delle aziende di servizi, che strategia sui costi del lavoro conviene adottare?

Per arrivare a una risposta, proviamo a prendere in esame il calcolo del profitto:

Margini * Fatturato = Profitto

In generale, per massimizzare il profitto, si tende solitamente a preferire una tra le due diverse opzioni seguenti, a seconda delle caratteristiche specifiche dell’azienda e del settore in cui si opera.

1 – Puntare sull’aumento del fatturato: in tal caso l’azienda rischia di finire molto facilmente per competere sul mercato in termini di minor prezzo offerto, esternalizzando il lavoro e riducendo le competenze interne. Si riducono in tal modo i margini di guadagno nel tentativo di aumentare i ricavi. Il rischio futuro è una maggiore instabilità e una maggiore probabilità di fallimento in caso di difficoltà del mercato: se il fatturato infatti dovesse scendere infatti (ad es. perché subiamo più la concorrenza), l’azienda non avrebbe grossi vantaggi competitivi rispetto alla concorrenza e/o altre barriere di protezione.

2 – Al contrario, puntare sui margini potrebbe garantire una maggiore stabilità nel lungo termine, grazie alla presenza di barriere all’uscita (che proteggono in caso di difficoltà di mercato) e alla qualità elevata dei prodotti o servizi offerti. Questa scelta comporta una maggiore difficoltà nell’acquisizione di nuovi clienti, a causa dei prezzi offerti più elevati, e richiede un più alto investimento iniziale per la formazione e il mantenimento di personale altamente specializzato; in cambio, tuttavia, consente di superare le difficoltà più difficili.

In conclusione, per le aziende di servizi, la strategia ottimale sembra essere quella di puntare sulla qualità e sui margini di profitto, possibilmente specializzandosi in una specifica nicchia di mercato che consenta anche di beneficiare delle naturali barriere di mercato, sia in entrata che in uscita.